Carpe Diem…vale anche per i ladri!


1eca156427374c8abf4738e42b464eef_XLLa vulnerabilità è un concetto dinamico e relativo, in stretta relazione con la capacità di un individuo o di una comunità di far fronte in un determinato momento a particolari minacce. La vulnerabilità può essere associata a certi elementi specifici della povertà, ma è anche propria di individui isolati, in situazioni di insicurezza ed indifesi da rischi, da shock e stress[1].

Un sistema, si dice vulnerabile, laddove le misure di prevenzione sono assenti o ridotte, tali da consentire ad un eventuale aggressore la compromissione del livello di sicurezza dell’intero apparato. Definizioni che, a primo acchito, possono sembrare distanti e non riconducibili alle nostre problematiche in ambito di sicurezza urbana e alla percezione del rischio di reati contro la persona e/o la proprietà. A pensarci bene, invece, spesso sono proprio le nostre vulnerabilità, ambientali e comportamentali, a favorire la perpetrazione di reati fastidiosi come i furti e le rapine. Osservando il crimine dalla parte dell’offender, come ci insegna la teoria della Prevenzione Situazionale, nota come Teoria delle Attività Routinarie “Routine Activity Theory”, sviluppata da Lawrence Cohen e Marcus Felson nel 1998, possiamo trovare un valido riscontro alle affermazioni anzidette.

L’approccio della Teoria delle Attività Routinarie ci invita a metterci nei panni dell’aggressore (offender) per renderci conto di come egli, previa un’attenta valutazione del rapporto rischi-benefici, decide di commettere o meno un crimine. Se l’offender ritiene che un bersaglio sia adeguato e nessun controllore efficace sia presente, solo allora egli deciderà di commettere il reato. È unicamente la valutazione della situazione da parte dell’aggressore che determina se il crimine avrà luogo oppure no. Qui entrano in gioco diversi fattori, ma il primo in assoluto è proprio la vulnerabilità del target, a determinare l’inizio dell’azione delittuosa ma, proprio per questo, iniziamo a considerare la differenza tra un bersaglio e un bersaglio adeguato. Molti, potenzialmente possono essere bersagli: una casa, una macchina, un telefono cellulare, una bella ragazza, un centro residenziale, ma affinché questi possano diventare appetibili (e quindi adeguati) per il ladro, necessitano alcune importanti considerazioni. In criminologia, per definire l’adeguatezza di un target, si usano di solito due acronimi:

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Community Policing e Controllo del Vicinato: differenze e auspici


1d05de4b50ede21b7617d543f5f98a74_XL Sempre più spesso la parola Sicurezza è abusata o usata a sproposito da politici o venditori di fumo che in realtà, pensano soltanto a come piazzare la loro immagine per averne un ritorno di tipo economico. L’economicismo ha invaso ogni ambito della società e la sicurezza non poteva restarne esclusa, ma è bene invece ritornare a parlare di percezione soggettiva di serenità e di sicurezza oggettiva nella vita diuturna perché queste, sono le dimensioni cardine della costruzione del benessere individuale e collettivo.

I discorsi mediatici, puntano sempre il focus sugli aspetti “percepiti” della sicurezza e non su quelli sostanziali , traendo inferenze da impressioni populistiche o comunque basati sulle mera percezione individuale spesso completamente diversa dalla realtà data invece dalle statistiche ufficiali.

Nel rapporto Eurispes del 2013, si evidenzia infatti che spesso abbiamo a che fare con la disfunzione inferenziale che inlogica si chiama “errore di composizione”, cioè una generalizzazione di eventi parziali che fa presumere che ciò che sia vero per una parte valga anche per il tutto. In poche parole, spiega il noto Istituto di Ricerca, in questo modo, un delitto diviene “emergenza omicidi” e un furto in appartamento diviene “abitazioni insicure” e via dicendo[1].

In realtà, il concetto di sicurezza non può essere osservato con un’unica chiave di lettura perché il termine stesso è di natura polisemica e legato ad altri concetti quali: crimine, criminalità, degrado, vivibilità, incolumità, integrazione ecc. Proprio questa peculiarità evidenzia il fatto che esiste un aspetto soggettivo il quale, proprio perché tale non permette una facile risoluzione del problema. Ognuno ha una propria percezione della sicurezza che è data dal compromesso tra il suo mondo ideale ed il mondo reale con tutta la componente ansiogena che ne scaturisce. Spesso questo disequilibrio porta a una esagerata paura del crimine e l’ansia di fronte ad esso che qualche volta indirizza singoli individui o gruppi, a prendere iniziative che peggiorano le situazioni o comunque non le risolvono.

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