Il Caso “Chico Forti”


Condannato senza prove. In cella negli Usa da 12 anni!

Di Francesco Caccetta1

Fonte convincere.eu

caso-chico-fortiChi è Chico Forti e perché dopo più di dodici anni di detenzione negli Stati Uniti, viene sottoposto il suo caso all’opinione pubblica italiana?
Enrico Forti detto Chico è stato condannato all’ergastolo, senza condizionale, per l’omicidio di Anthony Dale Pike, il 15 giugno 2000, e attualmente sconta la pena presso un carcere di massima sicurezza nelle Everglades in Florida.
La difesa di Forti ha pubblicamente accusato, sui media italiani, il giudice americano, il quale, secondo gli avvocati, avrebbe voluto condannare comunque l’imputato, anche se convinto della sua innocenza e che la Polizia di Miami avrebbe costruito prove false per supportare la condanna.
Se veramente c’è questo dubbio, se davvero c’è un innocente in carcere, credo che sia necessario che la comunità scientifica italiana si attivi per fornire delle informazioni utili su questa triste vicenda e per contribuire a stabilire la verità.
Proviamo a fare il punto dell’ingarbugliata situazione, riassumendo la vicenda con le cospicue notizie già presenti nel web estrapolate anche dai giornali dell’epoca.
Chico Forti nasce a Trento nel 1959, dove consegue la maturità scientifica, in seguito si trasferisce a Bologna per frequentare l’Isef, l’Università di educazione fisica. E’ un ragazzo sportivo (bravissimo atleta nello sci alpino, nello sci d’acqua, nella vela, nel wake boarding), ottiene negli anni ‘80 numerosi successi per la pratica a livello agonistico del “windsurf”, all’epoca sport esordiente.

E’ un ragazzo brillante e nel 1990 partecipa alla celebre trasmissione “Telemike” condotta da Mike Buongiorno, vincendo e rivelando, in quell’occasione, una dote incredibile: la “memoria”. Chico  ricorda tutto, nomi, date, parla correntemente sette lingue incluso il giapponese e il polinesiano. La vincita al Telemike (circa ottantamila dollari al tempo) lo invoglia a partire per gli Stati Uniti, dove si trasferisce nel 1992, a Miami, in Florida, nel lussuoso quartiere di Williams Island, dove inizia l’attività di film-maker e presentatore televisivo.
I programmi televisivi, che produce e conduce, parlano di sport estremi, discipline affini alla sua formazione sportiva, comincia a filmare il suo mondo, quello del windsurf, del surf, dello sci, creando una serie di filmati di sport estremi che riscuotono un grosso successo di “audience”, tanto che la Espn, il canale sportivo americano per eccellenza, ne acquista i diritti per 100 puntate riconoscendo a Forti le doti di ottimo regista e produttore del settore.
La sua è una personalità estroversa, è un grande comunicatore, le sue attività spaziano anche nel mondo della moda e della bellezza, organizza la manifestazione di Miss Italia USA, durante la quale incontra e s’innamora della modella ed ex Miss America Heather Crane.
Divorzierà in seguito dalla moglie italiana, sua “public relations”. Si diletta anche come mediatore immobiliare proprio nella zona di sua residenza, Williams Island in Miami, frequentata da persone di alto livello provenienti da tutte le parti del mondo, ma questo paradiso dorato si rivelerà ben presto la ragione della sua rovina, infatti, è qui che conoscerà due personaggi chiave dell’intera vicenda.
Nel suo stesso piano abita un certo Siegfried Axtmann di origine tedesca ex presidente della squadra di calcio del Norimberga e un connazionale di quest’ultimo, un certo Thomas Knott con un passato da tennista.
Ben presto Chico si trova a dover prestare soldi a Knott sotto la promessa di una solerte restituzione, non è la persona benestante che vuole far credere.
Il 15 luglio 1997 Miami è scossa dalla notizia della morte dello stilista Gianni Versace, ucciso con due colpi di pistola sparati a bruciapelo alla nuca, il killer lo colpisce sulla porta di casa. Non ci sono testimoni oculari, le indagini della polizia cercano da subito un Serial Killer Andrew Cunanan, autore di altri quattro delitti avvenuti nella stessa zona, sono repertati i suoi indumenti proprio all’interno del garage di proprietà dell’ultima vittima.
La polizia dopo nove giorni accerchia la casa galleggiante a Miami Beach di Andrew Cunanan, ritenuto l’assassino dello stilista, ancorata nel canale di Collins Avenue a poche centinaia di metri dal luogo in cui Versace veniva ucciso. Cunanan però sfugge alla cattura e si toglie la vita con un colpo di pistola alla testa.
Il Serial Killer è un prostituto omosessuale e con Versace ha avuto incontri occasionali. Viene rintracciato anche il proprietario della casa galleggiante abitata da Cunanan, Thomas Knott, proprietario anche del locale chiamato “Club Apollo e Spa” in Las Vegas, in società con Siegfried Axtmann, vicino di casa di Forti.
Il club è un ritrovo di gay e di prostituti gay, Andrew Cunanan ne era un assiduo frequentatore. Siegfried Axtmann e Thomas Knott propongono così a Chico Forti di poter sfruttare i diritti per la divulgazione delle immagini della casa galleggiante realizzando un documentario sulla morte di Cunanan, cambiano così improvvisamente gli interessi televisivi e di produzione di Chico Forti. Gira infatti, non appena tolti i sigilli e la custodia del bene da parte della polizia, un documentario intitolato “Il sorriso della medusa pubblicandolo sia in Italia, su Rai 3, che in Francia, in cui getta forti dubbi sui metodi con cui il caso è stato risolto da parte della polizia di Miami e dell’FBI.
Le sorti dell’House boat però seguono un percorso impensabile, e quello che all’inizio sembrava un ottimo investimento diventa la rovina per Forti, l’abitazione imbarca acqua e le autorità di Miami decidono di affondarla per garantire la navigazione sul canale, svanisce così ogni prospettiva di lucrare con le visite sul macabro luogo.
La relazione di amicizia tra Forti e Knott è sempre più assidua, Chico non sa delle condanne per truffa in Germania ma Knott abile truffatore, ostenta l’agiatezza economica che non possiede. Nel periodo delle truffe, in Germania aveva addirittura in uso un jet personale e trascorreva le vacanze a Ibiza presso il Pikes Hotel. Un Hotel di sole dodici stanze, divenuto famoso per i vari personaggi del mondo dello spettacolo che vi avevano soggiornato (Jeorge Michael, Freddy Mercury, Cher, Julio Iglesias etc.).
Il proprietario Antony Pike è un personaggio estroso e diventa amico di Thomas Knott. Quando Antony Pike si deciderà a vendere l’Hotel, andrà a trovare a Miami Thomas Knott, sa bene che l’amico lo aiuterà, non se la sente di gestire più l’immobile. La situazione finanziaria dell’hotel non è tra le più felici in seguito a ristrutturazioni poco mirate, ma Thomas Knott lo rassicura, proporrà l’affare a Chico Forti.
Abile come sempre Thomas Knott, nel gennaio 1998 porta a buon fine la compravendita tra Forti e Pike. Alcuni giorni dopo la stipula, Antony Pike contatta Chico telefonicamente per dirgli che il figlio Dale, di quarantadue anni che vive in Malesia, vuole venire a Miami per conoscerlo ma mancano i soldi per il biglietto aereo.
Chico Forti si offre di pagare il viaggio e programma l’incontro, previsto per domenica 15 febbraio 1998. Il giovane Pike ha necessità di conoscere Forti per realizzare un film, Anthony chiede a Forti di prenderlo in aeroporto e di ospitarlo a casa sua in quanto è impossibilitato a raggiungerli a Miami.
Forti acconsente e lo va a prendere in aeroporto, Dale però dopo l’incontro vuole essere portato al parcheggio di un ristorante a Key Biscayne, dove alcuni amici di Knott lo stanno aspettando per passare alcuni giorni con lui. Forti affermerà di averlo lasciato lì, nel parcheggio, intorno alle 19,00  e quello è l’ultimo suo contatto con Dale.
Il giorno dopo un surfista nota il corpo senza vita in un boschetto che limita la spiaggia, è il povero Dale Pike, giustiziato con due colpi di pistola calibro 22 alla nuca, denudato completamente ma con vicino il cartellino verde, rilasciato alla dogana per chi entra negli Stati Uniti.
La morte è fatta risalire tra le 20,00 e le 22,00 del giorno precedente, poco tempo dopo il suo commiato da Chico Forti, il quale si è sempre dichiarato innocente, vittima, a suo dire, di un complotto della polizia di Miami, che nutre ancora rancore nei suoi confronti, per essersi occupato della morte di Gianni Versace.
Il pubblico ministero ricostruì così il caso: Forti uccise Dale Pike perché temeva che questi potesse ostacolare l’acquisto dell’albergo dal “padre demente”, Tony Pike. Questa è la versione descritta allora dal Sydney Morning Herald, che sostenne che Dale fosse andato a Miami per recuperare il denaro “sottratto” al padre2.
Misteri e contraddizioni nella condanna? Di certo ci sono delle zone d’ombra abbastanza evidenti. Credo sia doveroso, a questo punto, esaminare meglio la vicenda, coinvolgendo le esperienze multidisciplinari di criminologi ed esperti forensi italiani, per tentare di ricostruire il “caso” cercando di capire, da studiosi, la reale situazione, senza percorrere la strada di sterili sensazionalismi o narcisistiche prese di posizione sulla vicenda.
Un nostro connazionale è detenuto da anni in una prigione statunitense e se fosse realmente innocente, rappresenterebbe un’ingiustizia insopportabile per tutti quelli che hanno senso civico.
Lo studio del caso, che sarebbe auspicabile fosse svolto dalla comunità scientifica italiana, dovrebbe essere naturalmente gratuito e messo a disposizione delle autorità diplomatiche italiane affinché possano utilizzarlo come supporto scientifico al loro intervento Istituzionale.
Se Chico Forti è un innocente in carcere, è nostro dovere aiutarlo.

La grafologia a uso dei Criminologi


Di Francesco Caccetta*

Fonte: CONVINCERE.EU

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Quando qualcuno legge nel mio curriculum la voce “grafologo” spesso, mi chiede d’emblée di analizzare la sua scrittura, magari scrivendo una parola sul fazzolettino di carta del bar, allo stesso modo di come si direbbe al cartomante “allora leggimi le carte!”.

Memore degli insegnamenti dei cinque anni di grafologia (tre di scuola grafologica AGIF e due di Perizia grafica ARIGRAF) rispondo subito che la Grafologia non ha niente a che vedere con la magia, perché è una scienza e, in quanto tale, necessita di strumenti nonché approfondita analisi prima di esprimere una valutazione. In effetti, questa frequente ed errata associazione della grafologia con le arti esoteriche, ha radici antiche. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Da oltre due secoli, numerosi scienziati si sono dedicati, senza risparmio di energie, allo studio della mente umana, cercando di scoprirne i meccanismi alla base dei comportamenti criminali.

I risultati, numerosi e spesso contraddittori, hanno portato comunque a una constatazione che mette d’accordo tutti gli studiosi della materia: la linea di confine tra normalità e patologia è veramente sottile, di conseguenza, non è possibile associare la figura di un criminale con paradigmi di Lombrosiana memoria, perché molti sono i fattori che contribuiscono alla nascita del comportamento criminale. Questi motivi vanno cercati nella cultura, quindi, nel sociale, nell’indissolubile intreccio tra genetica e ambiente.

Fatta questa doverosa premessa, introducendo l’argomento che sto tentando di trattare, necessita farne un’altra strettamente legata alla Grafologia.

Nella scrittura, non si trovano i “segni del crimine”, ma sarebbe meglio parlare di un contesto di impronte personali, che, sapute leggere e interpretare possono portare un valido apporto allo studio della personalità del criminale. Possiamo iniziare a dire che “la grafologia, entra nella criminologia, come ricerca della mediazione inconscia, che conduce l’essere umano alla violenza”.[1]

La grafologia, può pertanto essere usata per studiare, analizzare e portare alla luce i desideri, la ricerca del piacere, che spesso coincidono con i lati oscuri dell’individuo, riuscendo a intravedere per tempo la svalutazione degli ideali, anche al fine di prevenire alcuni tipi di comportamento deviante. La perizia tecnica (grafologica) viene, infatti, richiesta, anche per valutare la capacità di intendere e di volere e per mettere in luce il lato meno visibile della mente umana. Chiunque si accinge all’esame di un crimine e di conseguenza del criminale, deve, infatti, necessariamente conoscere bene la mente del criminale.

Non ho la pretesa di esaustività dell’argomento sotto il profilo psicologico, sia per mancanza di specifiche competenze, sia per l’evidente diversità d’intenti dell’articolo ma credo sia utile per ben inquadrare il discorso sulla personalità, riportare una definizione del Prof. Angelo Vigliotti che definisce il mondo della mente come un complesso di funzioni cerebrali superiori, dato da intelletto, affettività e volontà, coordinate dal linguaggio e focalizzate nella coscienza.

La grafologia, nasce moltissimi anni fa, addirittura possiamo osservarne i primi vagiti già nel lontano Seicento, quando alcuni eruditi italiani iniziarono a correlare le peculiarità del carattere con il modo di scrivere (Camillo Baldi nel 1622, è ricordato come primo grafologo).

Soltanto nei primi decenni dell’Ottocento, la grafologia inizia ad avere un’aspirazione scientifica, con la nascita di una scuola grafologica in Francia (J.Crèpieux Jamin), seguita poi da altre scuole, Italiana (Girolamo Moretti), Svizzero-Tedesca (L. Klages, M. Pulver).

La nuova disciplina, nasce all’ombra della Fisiognomica e, questo particolare, non la favorì molto, basti pensare che lo stesso Lombroso, affiancò alla sua fisiognomica che ricollegava la criminalità ad alterazioni somatiche, una grafologia in cui simili discutibili tipizzazioni venivano applicate alla scrittura. Collegarla alla fisiognomica, inoltre, fece correre il pericolo di condividere l’ambiguo legame con la chiromanzia e l’astrologia da cui tenerla distinta non fu certo semplice per molti anni[2].

Le basi della grafologia ebbero in realtà una base empirica. Lo studio fu portato avanti, con l’idea di una connessione fra la personalità degli individui e la presenza di determinati segni ricorrenti nella scrittura. Questa presunzione venne poi scientificamente provata e, oggi, la maggior parte dei grafologi, provenienti da qualsiasi scuola di pensiero, associa gli stessi segni grafici agli stessi significati. Paola Urbani, famosa grafologa di scuola Francese, elenca tre principi, che consentono il passaggio dalla scrittura alla personalità: Il principio di espressione (ovvero il movimento fisiologico della scrittura che rivela l’analogia tra questa e il carattere), il principio di rappresentazione (dato dalla direzione della scrittura, inclinata, verticale, rovesciata), il simbolismo (rapporto con le tre zone della scrittura, alto, basso, destra-sinistra).

Cercando di riassumere in breve l’atto grafico, possiamo descriverlo come un insieme dato da: l’occupazione dello spazio del foglio, in senso verticale e orizzontale, l’ordine (armonia), la formazione delle lettere, che può concretarsi in un modo dolce o angoloso (forma). Rispetto al modo di procedere sul rigo, la normale inclinazione della scrittura che può procedere in avanti, restare verticale o essere rovesciata (direzione). Per scrivere occorre inoltre mettere una certa forza (pressione o tratto), un certo tempo (velocità), la scrittura sarà legata o staccata tra lettere (continuità), varierà la distanza tra le parole, le proporzioni delle lettere, (dimensione).

Queste in linea di massima, sono le categorie di base, sulle quali si fonda l’analisi grafologica, con piccole variazioni che ogni scuola adotta per le proprie analisi e comparazioni.

Attualmente, l’uso della grafologia, è in quattro settori di applicazione: nel campo giuridico/criminologico; nel settore dell’età evolutiva (nelle scuole, per valutare il percorso evolutivo dell’alunno); nella valutazione delle dinamiche di coppia e compatibilità matrimoniale; nell’ambito dell’orientamento professionale, per la valutazione in fase di assunzioni.

L’argomento è meritevole di un approfondimento maggiore ma credo di avere reso l’idea della complessità della grafologia e la conseguente importanza scientifica che le deve essere attribuita.

Tornando al campo criminologico e all’uso della grafologia in tale ambiente, possiamo brevemente analizzarne l’efficacia.

L’analisi del gesto grafico, nell’ambito di un’indagine di un crimine, può in alcuni casi, aiutare l’investigatore, specie nella fase del profiling. Nel campo dell’investigazione criminale, si analizza la complessità della mente in relazione al crimine, si va a spulciare nel trascorso del criminale, nella sua storia personale, si analizza l’ambiente, dove potrebbe essere cresciuto e che può avere profondamente influito sulla formazione della personalità fino a portarlo a commettere il delitto che gli è attribuito o di cui è sospettato.

Il ritratto grafologico di una persona, attuato anche con l’analisi di scritture pregresse dello stesso individuo, mostra il naturale divenire nel tempo della sua personalità, dei vari ostacoli trovati nella vita e, in che modo sono stati affrontati e a quale prezzo superati.

Negli ultimi anni, grazie ad un’intuizione di due grandi criminologi italiani, Marco Strano e Marisa Aloia (Psicologa – Psicoterapeuta esperta in grafologia forense), la grafologia arriva in ausilio di quella che è definita tecnica di Autopsia psicologica, cioè il tentativo di ricostruire il profilo psicologico di una vittima nei casi di morte equivoca attraverso varie fonti informative, tra le quali anche quelle grafologiche.

L’utilizzo della grafologia, come abbiamo visto, si colloca in due importanti fasi dell’analisi del crimine. Nella fase definibile “di profiling”, dove può essere d’aiuto alle forze dell’ordine in delitti particolarmente difficili o in quelli in cui gli indizi non sono sufficienti per individuare il presunto colpevole, quando perciò occorrono indicazioni sulla personalità dell’autore del crimine, nonché successivamente, in fase di giudizio, come strumento di validazione della prova, con la perizia (su richiesta del Giudice) o la consulenza tecnica (se richiesta dal Pm o dalle parti) per l’accertamento tecnico di documenti, in ambito penale e civile, al fine di verificarne l’autenticità e l’autografia.

In conclusione, abbiamo visto che, esclusa, la parte peritale, che trova utilità nella formazione della prova e quindi nella fase terminale dell’indagine quando cioè si giudica un imputato, la grafologia, può essere un valido strumento anche per individuare autori di un crimine o potenziali futuri criminali, arrivando a prevenirne il loro agire.

Il ricorso all’analisi della scrittura, eseguita con metodo scientifico e rigoroso, può aiutare a entrare nel profilo psicologico del criminale, individuandone le caratteristiche di personalità devianti, permettendo quindi, nelle normali attività di prevenzione del crimine, di contribuire a un maggior controllo e difesa dei cittadini, ma soprattutto un tempestivo intervento nei confronti dei soggetti deboli e socialmente (o potenzialmente) pericolosi.

Molti scienziati moderni, in Italia e all’estero studiano la materia e contribuiscono alla sua continua evoluzione e ci tengo a evidenziare alcune eccellenze italiane, che conosco personalmente, poiché miei insegnanti, e/o ne conosco e seguo, il percorso scientifico e l’impegno nell’aggiornamento e nella seria rappresentazione della categoria: la bravissima amica dott.ssa Marisa Aloia, gli altrettanto bravi dott. Saverio Fortunato, dott. Vincenzo Tarantino, dott.ssa Paola Urbani, dott. Bravo Alberto, dott.ssa Manetti Elena, dott.ssa Boille Nicole e, per la parte peritale, il dott. Raffaele Caselli (mio maestro di perizia).

Attualmente in Italia, un percorso universitario specifico per la materia della grafologia, non esiste. A Roma troviamo la Scuola Superiore di Grafologia, con sede operativa presso la Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura -Seraphicum. Esiste poi la possibilità di partecipare a due Master Universitari, dei quali uno con l’Università di Urbino e uno con la Lumsa di Roma, oppure percorsi di perfezionamento a livello Universitario a Napoli (La Partenopea facoltà di Giurisprudenza). Resta inoltre la possibilità di formarsi con dei corsi triennali (o intensivi), (già esistenti prima ancora dei corsi universitari e nelle cui scuole si sono formati molti grafologi italiani), che fanno capo ad alcune associazioni, riconosciute dell’A.G.I. (associazione Grafologi Italiani, unico organo ufficialmente riconosciuto in attesa dell’Albo) e, citando le più antiche, sono l’AGIF e l’ARIGRAF, entrambe a Roma ma con succursali in altre parti d’Italia, facilmente individuabili sul web.

E’ auspicabile, che nel prossimo futuro, questa scienza possa avere il dovuto e meritato riconoscimento, concorrendo concretamente alla risoluzione di tanti casi (spesso) non risolti, ma soprattutto ritengo utilissimo e altrettanto gradito, un più frequente ricorso alla grafologia nella prevenzione generale del crimine.

Il futuro criminale o serial killer, spesso ha avuto un passato di maltrattamenti e solitudine, un vissuto fatto di disagio sociale e per questo può avere sviluppato una personalità criminale. Prevederne lo sviluppo negativo e intervenire in tempo su questi soggetti, anche con l’utilizzo della grafologia potrebbe portare ad avere meno crimini e meno criminali, ma soprattutto migliorerebbe molto la vita di tanti cittadini e l’intero contesto sociale.

* Criminologo, Luogotenente dei Carabinieri, Laurea con lode in Scienze per l’investigazione e la Sicurezza; Master in Antropologia Filosofica e Forense, Criminologia e Tecniche Investigative Avanzate; Grafologo della consulenza peritale.


[1] A. Vigliotti, “Percorso grafologico nella mente criminale”, Giordano editore, Brindisi, 2007.

[2] Paola Urbani, “Manuale di grafologia”Newton & Compton, Roma, 1997