“Non aprite quella porta…” Le Truffe agli anziani.


Le truffe agli anziani, nuovo business dei delinquenti. Fermiamoli!

Francesco Caccetta*

In un epoca, segnata da notizie di cronaca sempre più ineffabili, che catturano abbondantemente l’attenzione dei cittadini, aumenta la minore attenzione a quei comportamenti e atteggiamenti, che spesso la nostra personale scala delle priorità, dettata dal frenetico vivere, ci fa vilmente annoverare, tra quelli ritenuti “superficiali o consuetudinari”, che invece, poiché riguardano persone deboli, sono spesso inesorabilmente prodromici di ben più gravi fatti!

Parliamo di quella fascia sociale debole, definita “anziani”, già provati dalle sofferenze dovute ai malanni tipici dell’età, alle quali va ad aggiungersi in maniera gratuita e soprattutto evitabile, la truffa e la circonvenzione, da parte di soggetti privi di scrupoli, che dobbiamo tutti quanti provare a fermare, senza risparmio di energie.

In questo breve articolo, facendo una panoramica sul problema, vorrei portare un personale contributo eziologico, a quella che ritengo una battaglia sociale, analizzando le strategie, attualmente messe in campo per proteggere gli anziani dalla categoria dei criminali, a mio avviso, più spietata e più impunita: i truffatori.

Il mio intento, non è certo quello di fare la lista delle sceneggiature[1] messe in atto dai truffatori, perché ormai sono di pubblico dominio essendo state più volte abbondantemente narrate dai media e mostrate anche da Striscia la Notizia, ma vorrei stimolare l’attenzione dei cittadini, con l’auspicio che si possa tradurre in un sostanzioso contributo sociale, e, se non concorrere alla risoluzione, almeno al contrasto del problema.

Al contrario di quanto creduto dall’immaginario collettivo e da luoghi comuni ormai abbastanza diffusi, la circonvenzione messa in atto nei confronti degli anziani, che si traduce nella maggior parte dei casi, nel reato previsto e punito dall’art.640 del codice penale e che risponde al titolo di “truffa”, non è certo commessa da abili e fantomatici “maghi, ipnotizzatori, sciamani e chi più ne ha più ne metta, ma, come scopriremo da qui a poco, da soggetti soprattutto “normali” e sempre molto apparentemente “credibili”!

Un altro luogo comune, è la convinzione che solo “gli stupidi” o coloro che hanno qualche deficit dovuto alla senilità, possano cadere vittime dei truffatori. Non è assolutamente così. Tra le tante esperienze nel settore, ho anche un esperienza personale, di un brillante anziano, molto vicino alla mia famiglia, con il quale avevo più volte accennato ai copioni recitati ad hoc dai truffatori, il quale è comunque rimasto vittima di questi sciacalli. Ricordo che il suo rammarico, era proprio quello di esserci cascato nonostante conoscesse quelle tecniche…senza riuscire a spiegarsene i motivi, ricordando il tutto con la frase emblematica : “come se mi trovassi in un film…

Questa è una ragione di più, per comprendere quale abilità hanno certi personaggi, nel creare delle situazioni surreali che invece, fatalmente, vengono troppo spesso percepite come reali dalle vittime.

Vediamo cosa dice l’articolo 640 del c.p. : Truffa:

[1] Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.

[2] La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549:

1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;

2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’Autorità.

[3] Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un’altra circostanza aggravante.

Il reato in questione, come altri reati simili (es. quelli commessi da alcuni sedicenti Maghi, cartomanti, chiaroveggenti e ciarlatani in genere), purtroppo, comporta per l’autore, una pena molto lieve rispetto al danno procurato, e la sua punizione è quasi sempre subordinata alla libera decisione della vittima, la quel deve appunto decidere se sporgere o meno la denuncia (querela), per la quale, ricordiamo, ha tre mesi di tempo dall’evento.

In caso contrario, e per questa tipologia di truffa, le forze dell’ordine, non possono perseguire il truffatore d’iniziativa, salvo provare una associazione a delinquere finalizzata a quel tipo di reato, motivo per il quale è sempre utile informare le forze dell’ordine circa le truffe delle quali si viene a conoscenza, anche se capitate a terzi.

Chi è il truffatore?

“Il truffatore è una persona che ha un tipo di intelligenza multipla,usata negativamente[2]”, riesce facilmente ad individuare il suo target, la persona da truffare e, una volta adocchiata, conosce bene le tecniche per scardinare le sue difese mentali. Spesso sentiamo dire dalle vittime, che l’offender conosceva benissimo le loro abitudini, i nomi dei loro figli, le loro preferenze alimentari, politiche e così via…

Come agisce il truffatore?

In realtà i truffatori sfruttano spesso l’ignoranza della vittima, si appropriano con mezzi fraudolenti delle loro informazioni (frugando tra la posta, rovistando nella spazzatura, parlando con ignari vicini, spiandola al supermercato o al parco…), grazie ad una innata e studiata facondia, riescono soprattutto, abilmente, a strumentalizzare la conversazione con la vittima, inducendola senza che essa se ne accorga, a fornire importanti informazioni per la conduzione della truffa in atto. Queste tecniche vengono usate singolarmente e spesso in combinazione per riuscire a vincere la resistenza dell’anziano.

L’importanza della prevenzione

Lo psicologo psicoterapeuta Antonino Minio[3], dice che “prevenire significa imparare a riconoscere i tentativi usati per “fregare”, cioè le tecniche di “social engineering”, una massa di tecniche psicologiche finalizzate al “malaffare”. Del resto, dice Minio, la truffa non è una rapina, ma un espediente malevolo della furbizia, una mancanza di rispetto… [4]

L’anziano quindi dovrebbe imparare a conoscere almeno alcuni degli schemi mentali usati dai truffatori. La mia esperienza nel settore, mi ha fatto rilevare che l’offender, il famigerato truffatore, cerca da subito di creare fiducia nella vittima: qualche complimento (di quelli che gli anziani spesso non ricevono da tempo), accompagnati da modi affabili, gentili, premurosi, conditi da complicità, alleanza ecc.

Spesso giocano su debolezze e paure: usando ad esempio una fonte autorevole ( mi manda l’Inps; Il suo Sindacato; il Parroco…ecc.), oppure ingenerando sensi di colpa nell’anziano (ritardi nei pagamenti di bollette…), o sfruttando la nota necessità di denaro con promesse di migliaia di euro facili da guadagnare.

Una delle trappole più riuscite dei truffatori, è quella di fare leva sulla fragilità dei ricordi della vittima e sul loro orgoglio, (…ma come non ti ricordi di me? Ero il figlio della tua vicina di casa, venivo spesso a giocare con tuo figlio a casa vostra…mi dispiace che non ti ricordi di me…) ingenerando nell’anziano la vergogna di non ricordare, che si tramuta in fiducia obbligata, forzando le loro fragili difese ed espondendoli al rischio…

Tutti atteggiamenti propedeutici allo scopo del cortese delinquente, avulso da qualsiasi forma di resipiscenza: far scattare la trappola per fagocitare quello che desidera (soldi, firme di contratti ecc…)

Purtroppo, per i motivi che ho sopra esposto, non è facile per la persona che incappa in questi signori del crimine, capire da subito in quale situazione si sta trovando, inoltre, è importante capire, che queste dinamiche una volta iniziate, grazie all’abilità degli offender, difficilmente danno la possibilità di fuga dall’”assedio mentale[5]” portato alla vittima.

Altro problema importante è che le vittime, in gran parte dei casi, non sporgono la querela e non ne parlano neanche con i familiari, per vergogna, per un senso di inadeguatezza, consentendo quindi ai truffatori di continuare ad operare indisturbati per molto tempo ancora.

La prosapia dei cacciatori di anziani è in aumento e allo stesso modo aumenta l’arco temporale nel quale gli anziani si trovano da soli, in strada o nelle loro case. Il danno arrecato alle vittime delle truffe è enorme dal punto di vista psicologico e può sfociare in serie depressioni, prodromiche di risvolti purtroppo a volte drammatici, che possono culminare anche nel suicidio dell’anziano.

E allora cosa fare? Il contributo più grande, che tutti noi cittadini possiamo dare, è quello di osservare, riferire…intervenire!

Se vediamo in strada un anziano avvicinato da persone, che sembra confuso, sperduto, o semplicemente imbarazzato, fermiamoci e chiediamogli se va tutto bene, se facciamo tutti così, qualcuno farà lo stesso per un nostro caro.

Riesumiamo la regola del buon vicinato, parliamo spesso con i nostri vicini anziani, ascoltiamo le loro difficoltà, diamogli la nostra disponibilità, diciamo loro di chiamarci se hanno bisogno di qualcosa o se qualche sconosciuto bussa alla loro porta.

Chiamiamo Carabinieri o Polizia, per segnalare ogni situazione anomala o comunque sospetta.

Ma soprattutto diciamo a tutti gli anziani, che siano nostri cari o no, di “non aprire quella porta…” non fare mai entrare estranei in casa e, in caso di insistenza, telefonare alle forze di polizia.

Queste ultime, Carabinieri e Polizia di Stato, da anni effettuano una campagna di informazione molto seria e di ampia diffusione, parlando spesso con gli anziani nei loro centri ricreativi o di incontro e in sinergia con la Chiesa ed i Parroci, incontrano i cittadini dopo la messa informandoli su queste problematiche e consegnano materiale divulgativo che spiega come difendersi dalle truffe più comuni.

Le storie di truffe agli anziani, che ogni giorno continuano ad essere raccontate, ci fanno capire che tutto questo non sembra ancora bastare a fermare questi criminali, occorre quindi uno sforzo comune, un muro di informazione e collaborazione, propedeutico a circoscrivere in maniera efficace questa piaga sociale.

Concludo dicendo, per i colleghi delle forze dell’ordine e per tutti i Cittadini: “sviluppiamo una buona dose di coscienziosità e tutti insieme diamoci un ordine categorico “Fermiamoli!”

*Dott.Francesco CaccettaLuogotenente dei Carabinieri, Laureato in Scienze per l’investigazione e la sicurezza, Grafologo della consulenza peritale, esperto di Criminologia e tecniche investigative avanzate.


[1] Visionabili sul mio sito: http://www.francescocaccetta.it

[2](cfr. A. Minio – Adolescenza e adultità – CePASA 2009).

[3] fondatore a Spoleto del CePASA (Centro di Psicologia Applicata e di Studi sull’Apprendimento

[4] (cfr. A. Minio – Adolescenza e adultità – CePASA 2009).

[5] (cfr. A. Minio – Adolescenza e adultità – CePASA 2009).

Ti amo da…farti morire… Stalking


   Stalking: riconoscerlo ed agire!

Francesco Caccetta*

“…non ha più una vita, non può uscire la sera, non può andare a fare una passeggiata, spese in un supermercato, niente senza il terrore di trovarselo davanti. O alle spalle. E infatti non esce più. Vive rinchiusa in casa, come se fosse un carcere. Lui invece può girare indisturbato”.[1]

Questo brano di un bellissimo libro dello scrittore e Magistrato Gianrico Carofiglio, illustra in maniera icastica, l’angoscia e lo stato d’animo della vittima di stalking.

Il termine Stalking, è di chiara origine venatoria, in quanto il suo significato è proprio “fare la posta ad una preda” e le cronache di questi ultimi anni, ci portano spesso a conoscenza di casi di persone, vittime di quella che viene definita come “sindrome del molestatore assillante”, il più delle volte, con casi eclatanti, sfociati nell’atto estremo dell’omicidio.

In un recente passato, il persecutore, che da ora in poi chiameremo stalker, non aveva ancora una posizione precisa nel nostro ordinamento giuridico, ed i suoi comportamenti, ancorché illeciti, venivano individuati in un coacervo di reati minori che, anche se perseguiti penalmente, non sempre riuscivano a farlo desistere dal suo intento.

Questo creava molta insicurezza, rassegnazione e senso di abbandono per la vittima, che finiva per subire le condotte moleste e persecutorie senza quasi opporre più alcuna resistenza, nonché delle serie difficoltà oggettive anche alle forze di polizia impegnate a contrastare questo strano fenomeno con scarsissimi mezzi soprattutto giuridici e preventivi.

Con l’introduzione dell’art.612 bis del codice penale, avvenuta in data 23 aprile 2009, anche in Italia, lo stalker è finalmente perseguito con una norma specifica, esaustiva e, a mio parere anche efficace.

Ma una cosa che ritengo utile per i cittadini, è sapere e comprendere, che lo stalking, non è soltanto quello che culmina nell’omicidio, ma esiste un cospicuo numero di persone, (soprattutto donne, anche se il fenomeno riguarda ambo i sessi), vittime di atti persecutori, che ogni giorno in silenzio e solitudine, subisce, sottovalutando quelli che in medicina si dicono prodromi ossia quelle manifestazioni morbose che precedono l’insorgere di una sintomatologia caratteristica che nell’immediato futuro potrebbe rivelarsi fatale.

Giova sapere, che tra lo stalker e la vittima, si viene ad instaurare una relazione forzata, con una forte componente di controllo, che inevitabilmente va a condizionare lo svolgimento della vita della persona perseguitata, che vivrà in un continuo stato di paura e di ansia, con disturbi del sonno, della concentrazione ed a volte con la comparsa del cosiddetto disturbo post-traumatico da stress, che spesso non termina neanche dopo la cessazione delle molestie.

La vittima è quindi costretta a stravolgere la sua vita privata, cambia il suo numero di telefono, cambia abitazione ed a volte lavoro, non va più in palestra ed alla fine…non esce più di casa.

L’offender (lo stalker) agisce con minacce, molestie, a volte anche con percosse dagli esiti lesivi anche importanti, con lo specifico intento di indurre nella sua vittima un disagio di natura psichica e fisica, ma soprattutto un terribile senso di paura…

Le vittime, non sempre riescono a riconoscere da subito il pericolo che incombe…di solito minimizzano o giustificano i comportamenti del/della partner, anche a causa di retaggi culturali, non proprio di vecchia data, confondendo comportamenti malevoli, con quelli più blandi, tipici della semplice gelosia, tanto iconizzata anche dalla nostra cultura cinematografica, legittimando alcuni comportamenti e ignorando così,  i segnali del pericolo imminente.

La linea di confine tra il corteggiamento e lo stalking, purtroppo nella fase iniziale, può essere minimale, impercettibile, ma assume un grande significato, quando inizia a limitare la vita della vittima, la quale si accorgerà di essere sempre in uno stato di allerta come se da un momento all’altro potesse sopraggiungere qualche pericolo…

Da quel momento, significa vivere nell’incubo, costantemente controllati, continuamente guardati a vista, umiliati/e con gli amici e spesso anche sul luogo di lavoro, con diffamazioni, divulgazioni di notizie intime o riservate, scritte sui muri dei luoghi di lavoro. Si subiscono comunicazioni intrusive, tramite lettere, sms, e-mail, furti di identità sui social network (face book, twitter ecc.) divulgazione di foto o notizie su internet…in un escalation di problemi sempre più difficili da affrontare e risolvere da soli!

Ci sarebbe molto da dire sulle categorie degli stalker e anche delle stesse vittime, ma il mio intervento, anche questa volta vuole essere di taglio pratico, un consiglio ed un incitamento, ad uscire allo scoperto, per le persone che si riconoscono in qualche modo vittime di questi comportamenti persecutori. Per questo, mi limiterò a fare qualche accenno sulle cose da non fare e quelle invece da fare subito, per uscire presto da queste terribili situazioni.

Prima di tutto, bisogna dire che lo stalker non sempre è una persona affetta da un disturbo mentale e, anche se esistono alcune forme di persecuzione agite da psicotici, non sempre esiste una condizione inquadrabile in un contesto psicopatologico, ne associato ad abuso di alcol o sostanze stupefacenti.

Dal punto di vista psicopatologico, il fenomeno dello Stalking non essendo omogeneo, non  è classificato in una categoria diagnostica definita e non sempre è possibile attribuire la presenza di una patologia mentale nell’agire dei soggetti che compiono atti persecutori. Si parla infatti di disturbo della personalità, disturbo ossessivo o border line, ma non esiste una precisa diagnosi.

È bene sapere che oggi, le forze dell’ordine, sono molto ferrate in questa materia e, sia i Carabinieri sia la Polizia di Stato, hanno attivato dei servizi ad hoc che trattano l’argomento, con indirizzo di aiuto per le vittime ed hanno sperimentato una serie di interventi per fare desistere lo stalker, con provvedimenti di natura penale, ma anche di natura amministrativa.

Andiamo quindi ad esaminare alcuni consigli per le vittime. Come ho detto prima, a volte (spesso) si tende ad individuare il reato di stalking anche in altri comportamenti che niente hanno a che fare con quel delitto, oppure, in casi conclamati, si tende a sottovalutare il rischio, con conseguenti minori precauzioni, come ad esempio non adottare comportamenti che scoraggino invece, fin dall’inizio, il molestatore. Vediamo meglio ed iniziamo con una premessa:

  • Prima di parlare di stalking, occorre che i comportamenti assillanti e gli atti persecutori (intesi come un insieme di condotte reiterate nel tempo, dirette o indirette, indirizzate ad una persona conosciuta o sconosciuta, che inducono chi le subisce in uno stato di soggezione o grave disagio fisico o psichico), siano ripetuti e perduranti. Alcune teorie attualmente in voga, parlano di almeno dieci ripetizioni in uno spazio di almeno un mese, ma questi termini non sono perentori ed ogni caso deve essere valutato di volta in volta dalle forze dell’ordine.
  • Se parliamo di rapporti tra ex, se la relazione è terminata o, per qualsiasi ragione, è indesiderata, bisogna sapere dire di no, con chiarezza e soprattutto fermezza, evitando assolutamente di assurgersi alla figura di psicologo improvvisato, o cercando di avere compassione per l’offender, perché questi atteggiamenti (da parte della vittima), rafforzano i comportamenti persecutori dello stalker, il quale ne trae quindi beneficio! Ormai è assodato che lo stalker, si rinforza sia con i comportamenti di rabbia, sia con quelli di paura della persona perseguitata.
  • Rivolgersi da subito alle forze di polizia, garantirà risultati migliori. Spesso, per quanto possa apparire assurdo, ma le statistiche dicono così, la preoccupazione delle vittime è quella di fare del male al loro persecutore, perché magari c’è un ricordo di un legame affettivo forte, che impedisce di prendere provvedimenti contro quella persona che una volta si amava, preferendo continuare a soffrire sottovalutando le conseguenze di questo comportamento.
  • Per ovviare a questo è bene sapere che sono previsti dei passaggi meno dolorosi anche per lo stesso stalker, il quale, se si interviene subito, potrebbe senz’altro uscire indenne da pregiudizi penali. Mi riferisco all’istituto dell’Ammonimento, introdotto dall’art. 8 del decreto legge 11/2009, il quale prevede che, fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’art. 612-bis del codice penale (Atti persecutori, che ricordiamo prevede un periodo di sei mesi al contrario delle normali querele che prevedono invece il termine di tre mesi), la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza (Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Locale), avanzando richiesta di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta verrà trasmessa al Questore, il quale, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento (con provvedimento in forma di verbale), invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e cessare immediatamente i comportamenti segnalati.

Una cose a mio avviso importante, prevista con l’ammonimento, consiste inoltre nel potere del Questore di valutare l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni, in poche parole togliere le armi, ancorché regolarmente e legittimamente detenute dallo Stalker (che magari è un cacciatore ed ha quindi facilità di reperire un arma da fuoco), riducendo il potenziale pericolo di offesa, iniziando quindi a tutelare la vittima e nel contempo, far capire all’offender che la cosa è seria e che forse sarebbe meglio davvero desistere dai comportamenti persecutori. Nel caso in cui lo Stalker, già ammonito, non desista nel suo insano comportamento, la pena per il delitto di cui all’art. 612-bis del codice penale è aumentata e si procede d’ufficio (cioè indipendentemente dalla volontà della vittima).

In effetti la norma si caratterizza per la finalità di sventare, nel contesto delle relazioni affettive e sentimentali, le condotte di per sé violente o disdicevoli che, pur se non essere tali da integrare (ancora) un reato contro la persona o il patrimonio, potrebbero degenerare e preludere a veri e propri comportamenti delinquenziali[2].

Altra cosa importante da sapere, vero toccasana per le persone perseguitate, è che la cosiddetta  legge sullo Stalking, ha anche introdotto un articolo nel codice di procedura penale, che concorre a tutelare ancora di più la vittima. L’articolo in questione è il 282 ter c.p.p.  che consiste nel divieto di avvicinamento e nell’obbligo di mantenere una certa distanza dai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa o dai propri cari. Nel corso delle indagini preliminari o durante il dibattimento (siamo quindi nella fase successiva all’ammonimento o in quella comunque dove già è stata presentata una denuncia contro lo stalker), il Pubblico Ministero può chiedere al Giudice competente (g.i.p.) l’emissione del provvedimento suddetto.

A questo punto, anche se non ritengo di avere completamente esaurito l’argomento, spero sia chiaro, che non esistono remore a ricorrere alle Forze dell’ordine qualora ci si sentisse in qualche modo vittime di atti persecutori. Vorrei informare le persone che leggono questo articolo, che in questo modo, sarà più facile, per le forze di polizia, tutelare sia la vittima che i propri cari, da atti inconsulti dello stalker e, nel contempo, aiutare anche lo stesso molestatore che è per primo vittima egli stesso della persecuzione ossessiva che mette in atto nei confronti dell’altra persona.

Agli strumenti repressivi nei confronti dello stalker, potranno infatti essere affiancate terapie e forme di vigilanza al fine di fargli recuperare l’ormai compromesso equilibrio psichico.

Le vittime invece, potrebbero uscire da un incubo, dal quale da sole, sarà difficile svegliarsi!

Rivolgetevi fiduciosi alle forze di polizia…possiamo aiutarvi!

*Dott.Francesco CaccettaLuogotenente dei Carabinieri Laureato in Scienze per l’investigazione e la sicurezza, Grafologo della consulenza peritale, esperto di Criminologia e tecniche investigative avanzate.


[1] G. Carofiglio “Ad occhi chiusi”, Sellerio editore, Palermo 2007

[2] Tar Campania – Sentenza n. 114/2011